LA REPUBBLICA – Il vino, la campagna e l’amore: la nuova vita (bucolica) di Renato Brunetta

Il politico veneziano racconta la nuova fase della sua esistenza, che potrebbe vederlo come “vigneron a tempo pieno” nella sua azienda agricola: “La Doc Roma? E’ il futuro del vino nel Lazio”

È una storia d’amore e di famiglia, un progetto nato da un sogno da realizzare insieme, con la voglia di assicurare un futuro ai propri figli, assistendo con impazienza al germogliare di un seme piantato pochi anni prima. Ed è anche la storia di una piccola magia che solo la natura può fare, quando decide di rivolgere il suo sguardo ammaliante su chi non ha avuto la fortuna di conoscerla, e amarla. “Ho messo su famiglia non più giovanissimo – racconta l’onorevole Renato Brunetta -. Dieci anni fa con mia moglie Titti e i suoi due figli, Serena e Dario, abbiamo scelto di abitare in un piccolo borgo di campagna dentro Roma, in località Divino Amore. Sono nato a Venezia, una città di pietra tranne per i fortunati abitanti dei palazzi che nascondono magnifici giardini. I figli del popolo come me, il verde non l’hanno mai visto. Della natura non conoscevo nulla, e quando ho iniziato a vivere nel borgo Capizucchi (da cui deriva il nome dell’azienda, ndr) ho assaporato l’Agro Romano con la sua bellezza, i suoi colori, la sua storia”.

Dopo qualche anno, il lieto annuncio dell’arrivo di una nipotina e l’idea di un regalo dolcissimo: acquistare un ettaro di terreno piantando una vigna per darle il suo nome, Vittoria. “Successivamente ci fu la possibilità di ottenere ulteriori 29 ettari, e nonostante sapessi che in questo modo la situazione sarebbe diventata impegnativa, tra mutui e tutte le difficoltà del caso, mi venne un colpo di razionale follia, e accettai”. Nel 2016 la prima annata di produzione del capostipite della linea Mater Divini Amoris, blend di Montepulciano e Cabernet sauvignon ricadente nella Doc Roma, etichetta firmata da Lorenzo Costantini, enologo con trascorsi nella vicina Tenuta di Fiorano, titolare dell’azienda Villa Simone. “Lorenzo mi è piaciuto subito – rivela Brunetta -, mi sono affidato a lui per la scelta dei vitigni più adatti, sia autoctoni che internazionali. Si è aperto un mondo affascinante e complicatissimo, rispetto al quale ti senti disarmato e totalmente ignorante e ti sembra che gli altri invece sappiano tutto. Per questo scegli una persona di fiducia, ti ci affidi e poco alla volta impari, capisci se hai commesso errori, è una continua scoperta”.

Venticinque ettari di vigna, un ettaro abbondante adibito ad uliveto “e la parte restante, come dicono qui, sono capezzagne: strade, passaggi e così via – precisa -. All’inizio non mi rendevo conto di cosa significassero 25 ettari di vigna piantata, e quando la consapevolezza è arrivata ho iniziato a non dormire la notte. Equivalgono a 250 mila bottiglie, quota che raggiungeremo nel 2020, quando anche l’ultimo ettaro destinato al Cabernet Franc entrerà in produzione. Abbiamo iniziato con 6000 bottiglie, e dopo l’ultima vendemmia, che non è stata particolarmente generosa, la resa di 600 quintali si è tradotta in 50.000 esemplari”.

Renato Brunetta non nasconde uno sguardo velato dalla preoccupazione, citando questi numeri, sa bene che alla produzione dovrà seguire la vendita, ma è solo un attimo e con piglio deciso afferma: “Mi sono imposto un percorso serio e responsabile. Credo molto nella Doc Roma, che per quanto riguarda il Lazio secondo me è il vino del futuro; faccio parte del Consorzio di promozione e valorizzazione. Però voglio anche puntare sui monovarietali, sia autoctoni che internazionali. Abbiamo piantato 8 ettari di Passerina, il primo raccolto sarà quest’anno e dovremmo raggiungere 500 quintali, puntiamo a rivalutare quest’uva che vorremmo anche spumantizzare. In poche parole questa è la mia grande avventura”. Un’avventura che vede al comando i giovani Serena e Dario, dopo l’avvio della startup da parte dell’Onorevole veneziano che dichiara di guardarli da lontano “ma anche da vicino – aggiunge subito -. Adesso tocca a loro e da parte mia, oltre a passare le notti in bianco, li aiuto nella commercializzazione. Stiamo cercando di aprirci un mercato in Italia e all’estero, partendo proprio dalla Doc Roma. Quanto ai monovarietali, siamo molto oculati e attenti alla qualità; ho scelto di improntare l’attività fondandola sulla cultura del territorio”.

Un messaggio che pare recepito dai primi, incoraggianti giudizi incassati da due autorevoli guide di settore che oltre al rosso, che già sfoggia eleganza e persistenza, premiano anche la Malvasia puntinata, senza dubbio di ottima fattura. “Il prossimo anno spero nel parere di tutte le guide, tengo le dita incrociate – riprende Brunetta -. Per il momento ho incontrato persone straordinarie che mi hanno dato preziosi consigli, consentendomi di fare una full immersion nel mondo del vino. Spero che riusciremo a migliorare ancora e, soprattutto, spero di avviare una buona commercializzazione per ricominciare a dormire la notte: che Dio ce la mandi buona! Tornando indietro partirei in maniera più lenta, ma ho iniziato questa avventura non più giovanissimo, mentre l’agricoltura richiede tempi lunghi. Se avessi cominciato 20 anni fa sarei andato per gradi, ma ho voluto accelerare i tempi perché ho 68 anni. Stiamo predisponendo la cantina dopo una lunga elaborazione durata oltre un anno, raccogliendo tutta la documentazione per ottenere il finanziamento necessario a mantenere internamente l’intero processo produttivo. Seguirà la fase di apertura alle visite in vigna e in cantina per completare il progetto”.

Alle due linee – Doc e Igt – si è poi affiancato un incremento nella produzione olivicola, affittando terreni circostanti l’ettaro di proprietà su cui svettano 240 ulivi di circa 70 anni. “Non ho mai considerato la politica un mestiere – rivela Renato Brunetta – sono un economista e professore universitario, alla politica ci sono arrivato a 50 anni e tuttora è un impegno a tempo pieno. Nella terza fase della mia vita non escludo di diventare un vigneron in pianta stabile, ma questo sarà possibile solo grazie a mia moglie Titti e ai nostri ragazzi, Serena e Dario. Questo è un progetto di famiglia, un sogno che per essere realizzato ha bisogno della presenza di tutti noi. Quanto a me – conclude – alla sera, in qualsiasi stagione, passeggio con il cane in mezzo alle vigne: è una delle più belle esperienze della vita”.

Manuela Zennaro – https://www.repubblica.it/sapori/2019/02/15/news/vino_lazio_produttori_capizucchi_winery_intervista_renato_brunetta-219012340/